Si chiama “baratto”… punto e basta

Si chiama "baratto"... punto e basta

Mio padre si chiama Pino, ma il suo vero nome è Giuseppe.

Quando è nato, tutti hanno preso a chiamarlo Pino, che in famiglia un altro Giuseppe c’era già ed era il mio bisnonno.

Tra i due, quest’ultimo pare fosse il più impegnativo e difficilmente, per anzianità, avrebbe rinunciato al diritto del suo nome per intero, ché a quello ci si era abituato già.

Così quando mio padre è nato, pure se gli regalarono lo stesso nome del mio bisnonno, non glielo fecero usare neanche una volta. E per paura di confonderli, a uno lo chiamavano Giuseppe e all’altro Pino. Pino, punto e basta.

Mio padre, allora, si chiama Pino. E anche mia madre lo chiama così, tranne quando è a telefono con me.

Quando mia madre è a telefono con me, ‘ulula’ il nome di mio padre moltiplicando la ‘o’ come l’eco infinito di un ‘aiutooooooo’ dal fondo di un precipizio.

“Si chiama baratto” ho detto a mia madre, ieri l’altro.

E lei, come ogni volta dico qualcosa fuori dalla sua immaginazione: “Pinoooooo!!!!!”.

Poi arriva un momento in cui ‘Pinoooooo’ arriva con tutte e sei quelle ‘o’ sul groppo della gola per lo spavento e quando sente la mia voce al telefono, fortunatamente, torna ad essere Pino ‘punto e basta’ e ‘papà’ solo per me.  

Il mio nuovo divertimento è il ‘baratto’. Ho provato, ieri l’altro, a spiegarlo a mia madre ma ho sortito l’allarme di sempre e lei ha chiamato il nome di mio padre a mo’ di sirena.

E invece si tratta di uno scambio così bello: equo e solidale e a kilometro zero, come si direbbe oggi, ma che da queste parti si chiama baratto. Baratto “punto e basta”, come Pino “punto e basta”.

Si chiama "baratto"... punto e basta

Il baricentro del mio baratto è creato da punti di intersezione precisi, così precisi da avere addirittura ognuno il proprio nome: ad esempio Rolando, il cui nome è noto ai più e anche a mia madre.

Poi c’è Maurizia, il cui nome è ignoto ai più e anche a mia madre.

“Chi è questa signora Maurizia?” mi ha chiesto mia madre l’altro giorno a telefono.

“E’ una signora che mi regala le uova della papera, in cambio delle albicocche”

Si chiama "baratto"... punto e basta

Maurizia ha un bel sorriso e dice tante parolacce. E le dice col sorriso in bocca perché è convinta che la colpa sia tutta della campagna che l’ha resa così: felice e un po’ sboccata.

Le piacciono le papere: ci parla e dice qualche parolaccia anche a loro quando non fanno le uova.

Le piacciono anche le albicocche ma quando ha pensato di allevare papere non ha pensato anche a piantare un albero di albicocche, così quelle gliele porto io. E gliele porto anche quando le papere non le fanno l’uovo e lei le insulta, perché la campagna l’ha resa un po’ sboccata oltre che felice.

Si chiama "baratto"... punto e bastaSi chiama "baratto"... punto e bastaSi chiama "baratto"... punto e basta

Poi c’è il ‘brasiliano’.

Il brasiliano lo chiamo ‘Brasiliano’ perché non capisco il suo nome. Pure Maurizia lo chiama così, che il suo nome non entra in testa neanche a lei.

Al brasiliano piacciono le uova di papera che Maurizia mi regala in cambio delle albicocche, l’ho scoperto in giorno in cui mi ha fermato per strada per chiedermi di quale animale fossero quelle uova così grandi.

Così: “I pomodori cuore di bue me li ha regalati ‘Brasiliano’, in cambio di qualche uovo delle papere di Maurizia” – ho detto a mia madre.

E lei: “Ma come si chiama questo brasiliano con cui baratti le uova degli altri?”

“Io lo chiamo Brasiliano, che il suo nome non lo capisco…”

Ecco, e prima ancora di dirle che tanto pure Maurizia lo chiama così, che il suo nome non entra in testa neanche a lei; che tanto un nome è solo un nome, che l’importante è piuttosto sapere come chiamarsi e farsi chiamare; che pure noi in famiglia ci abbiamo un Pino, che doveva chiamarsi Giuseppe e invece è stato chiamato come più conveniva agli altri…

Lei, dall’altra parte : “Pinoooooo!!!”

E “Pinoooooo” arriva con tutte quelle ‘o’ sul groppo della gola per lo spavento e quando sente la mia voce al telefono fortunatamente torna ad essere ‘papà’ solo per me e Pino ‘punto e basta’, come “baratto” punto e basta”.

E ora a questo punto della storia, non si pensi che con un baratto si possa risolvere la situazione delle albicocche che si moltiplicano sull’albero, peggio delle ‘o’ del nome di mio padre ululato da mia madre quando è al telefono con me. Che non bastano Rolando, Maurizia e ‘Brasiliano’ a ridurre la produzione generosa di albicocche. E qualcosa ho dovuto inventarmi.

Così ecco, l’idea più facile e sbrigativa è stata quella di sfornarle con un crumble croccante di noci e nocciole da servire per cena con un po’ di gelato alla vaniglia e per colazione con un po’ di yogurt bianco.

Poi è arrivata l’idea forse meno indicata alla stagione calda, che è stata quella dell’essiccazione.

Si chiama "baratto"... punto e bastaSi chiama "baratto"... punto e basta

Essiccare richiede solo un po’ di pazienza e una stanza alternativa e più fresca in cui chiedere asilo per le prossime tre ore. Basta non distrarsi e accogliere ogni tanto la richiesta di aiuto di gatti e cane, quando del forno acceso proprio non ce la fanno più e con lo sguardo chiedono “Aiutoooooo”, come fa mia madre quando chiama “Pinooooooo”, se è al telefono con me.

Ricetta Crumble di albicocche e rosmarino 

Si chiama "baratto"... punto e basta

Ingredienti (dosi indicative per due pirofile come quella in foto piene di albicocche)

120 gr di burro freddo
120 gr di zucchero di canna scuro (muscovado)
120 gr di farina di grano saraceno
120 gr di mix di nocciole e noci tostate e tritate grossolanamente
albicocche qb
rosmarino fresco

Procedimento

  • Lavare e asciugare le albicocche
  • tagliarle a metà, private del nocciolo e disporle in una pirofila
  • in una ciotola unire tutti gli ingredienti secchi al burro freddo tagliato a dadini
  • ‘sfarinare’ tra le mani ben fredde il burro fino a raggiungere una consistenza sabbiosa
  • riempire i ‘gusci’ delle albicocche
  • aggiungere ciuffetti di rosmarino fresco a volontà
  • infornare a 180° C forno combinato + grill fino a doratura
  • servire caldo con gelato o tiepido nello yogurt

Ricetta albicocche essiccate, tratta da “Conserve fatte in casa”

Si chiama "baratto"... punto e basta

Procedimento 

  • Lavare e asciugare le albicocche
  • tagliarle a metà privandole del nocciolo
  • infornare a 60° C in forno lasciandolo semiaperto
  • essiccare per h3, se necessario per tre giorni
  • conservare in contenitore ermetico
  • Si chiama "baratto"... punto e basta

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10 thoughts on “Si chiama “baratto”… punto e basta

  • Non so bene se mi tocca aspettare un tuo invito o se un giorno in qualche modo scoprirò come arrivare nel tuo giardino a chiacchierare con te infinitamente. Ti abbraccio fortissimo.

    • E no che non devi aspettare, che in questo periodo già sei in dolce attesa, figuriamoci se ti faccio aspettare anche un invito. E posto che tu cara mia troveresti il cancello spalancato pur senza avvisare, colgo l’occasione per rendere l’invito pubblico e ufficiale come meriti!Noi vi aspettiamo te e la tua bella famiglia!Anch’io ti abbraccio fortissimo e sappi che seguo le tue storie a presa diretta con la tua ‘vacanza’ con un gusto e un piacere infinito!

  • Vedo che te la cavi bene con gli angoli di giardino e con le foto col naso all’insù. E noto, sempre con piacere, che con questo scambio equo e solidale si creano storie nella storia. Spero vada tutto bene e ti dirò spero di vederti felice padrona e pure un po’ sboccata come quella Beatrice, e sono sicura che non mancherà molto ad un tuo ‘grazie Russo per aver insistito a portarmi qui’. Perché per quanto posso essere affascinante la città non ti regalerà mai (prendi nota e soprattutto fai leggere al Russo che a lui gli si gonfia il petto co ste cose 🙂 ):
    -un albero di albicocche (e di gelsi, e sì, prima o poi torneranno anche le pere)
    -un orticello pensile (a proposito, ma tu ce l’hai l’erba pepe? Non ricordo!)
    -un esterno ruvido e bianco e deliziose finestre
    -i sassolini bianchi che stanno tanto bene in foto
    -Rolando
    -Beatrice
    -uova di papera
    -il ‘Brasiliano’
    -pomodori cuore di bue
    -lo spazio
    -l’aria buona
    -ma sopratutto, il Russo giovincello e spudorato
    Detto ciò, in giornata ti chiamo, che mi racconti per bene!
    Un bacio e buon risveglio con yogurt e crumble!

    • Cara Alessia, Russo già ti adora ma ti adora ti adora, figuriamoci quando leggerà il tuo commento!!!E in ogni caso tu cara mia sei stata testimone di promesse solenni e la cosa che più mi fa sorridere che se provassi a raccontare di come noi due alle prese rispettivamente con un ‘vichingo’ e un ‘russo’ e poi quattro panini di un super Pippo dei Castelli romani, mi sia ritrovata a dire “Si lo voglio… andiamo in campagna” forse questa storia, che è vera, risulterebbe meno credibile di quella di Rolando, Maurizia, Brasiliano e tutto il cucuzzaro messi in insieme!
      😀 Per inciso, qua oltre alle albicocche è un moltiplicarsi di orti di varia natura, ecco la pericolosità dei Russi!Un abbraccio forte a voi!!!

  • Che bella luce nelle foto e che bei grappoli di albicocche! Con cosa potrei „barattare” qualche albicocca? 😉
    Sai, ti vedo su quella scala raccogliendo le albicocche. Con quella bella luce negli occhi…
    Un grandissimo abbraccio!
    Ulica ☺

    • Ulica, facciamo pure tutto l’albero in cambio di sorrisi e abbracci 🙂 quando passi a trovarmi?;-)
      Questa te la devo dire, io soffro di vertigini anche da seduta, ma se mi arrampico su un albero il vuoto mi fa due baffi!:-) So che mi capisci!

  • Quante stranezze c’erano allora che però lasciano il sorriso sulle labbra. Per esempio, vai a capire la fissazione nel rispettare certe tradizioni, tipo quella di mettere lo stesso nome. Ma poi, non usarlo perché altrimenti si faceva confusione. E allora, “Giuseppe” diventava “Pinoooooo” che arrivava col groppo in gola per timore fosse accaduto qualcosa.
    A casa mia era uguale. 🙂
    Quante emozioni regala la campagna. Quante ne regali tu e spero, magari presto, di trovarmi nei dintorni lì da te e passare per un saluto.
    Io ti regalo un sorriso e tu qualche frutto:))))

    • E’ vero in genere si tenta di affidare ai nomi già una storia precedente o di qualcun altro… ecco perché tanto vale rinominare tutto a nostro piacere o comodità, come ‘Brasiliano’… che poi ho scoperto essere ‘argentino’… ma questo è un dettaglio o più semplicemente ‘una cosa da me’ 🙂 La campagna ogni anno ci regala nella bella stagione delle emozioni forti e le rinnova tanto che mi accorgo di parlarne sempre come fosse un primo amore!Mi piacerebbe passassi di qua, ma certo sarebbe più bello per un soggiorno, che tanto qui di posto ce ne è tanto, che solo per un saluto!Ti abbraccio!

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