Ri-‘congiunti’

Simit con licoli

Nei momenti di romanticismo a distanza, dico al telefono a mia madre: “Lo sai che sempre più spesso vedo te, in me?” 

Ma lei che vede più lontano o forse la stessa cosa, mi sorprende e dice: “E io, sempre più spesso, vedo mia madre in te”.

Ecco si uniscono le estremità lontane e si comincia a intrecciarle fino all’altro capo. E non c’è più punto di inizio né punto di fine, solo un circolo virtuoso: da ‘congiunti’ si direbbe oggi, da simit dico io. 
Così, mentre in questo paese si rispolvera il vocabolario più attendibile, per comprendere l’esatta interpretazione di ‘congiunti’ e ‘affetti stabili’, a me è capitato di occuparmi d’altro pur restando saldamente congiunta a chi mi vuole bene stabilmente e anche a distanza.

Ma a proposito di simit, non è la loro ‘congiunzione a tortiglione’ a entusiasmarmi, ma proprio quel bagnetto nel mosto che caramella in superficie la crosta, entrando in competizione agrodolce con il fior di sale.

Ecco cosa mi piace di un panino come questo: il fatto di riuscire a farsi mangiare così da solo, anche senza alcun accompagnamento o ‘congiunto’ alimentare. 

Il risultato è che a distanza di poco tempo, mi ritrovo una volta di più a parlare di pane, forse perché non è un argomento da ‘velocisti’. O forse perché, come nel mio caso, ha riattivato uno scambio vicendevole con i miei ‘simili’ soprattutto, che mi riporta molto a quello che c’era una volta tra i blog: quando le ricette ‘fermentavano’ tra consigli e chiacchiere tra appassionati. 

Leggere e scrivere di vita e cucina era indubbiamente bello, forse perché i blog erano solo il mezzo attraverso cui esprimersi e non il fine o la meta da raggiungere ad ogni costo.

“Jurassic blog”

Quanto a me io penso di essere rimasta un ‘dinosauro’: in nove anni sono invecchiata dall’oggi al domani dietro la folata di vento di questa nuova generazione di ‘foodvelocipedi’. Tutti hanno cominciato a correre e a concorrere fra loro rincorrendosi, pur di raggiungere lo stesso obiettivo che in alcuni casi ha portato ad una stessa identità. Perché?

Rispetto a questo, quello che ho scoperto io di salvifico per me, è che nel giurassico si vive bene e si fanno ritrovamenti importanti come quello di una storica ricetta di Claudia: di quelle la cui bellezza ed esattezza di riuscita, non è stata minimamente superata dalle mode e dai mood del momento, né di quelle che presto o tardi arriveranno. 

Lento pede ho replicato la sua ricetta con i miei tempi, inizialmente convertendo la presenza del lievito di birra liofilizzato in licoli, e in questo caso non ho avuto fretta di arrivare a destinazione con una mia variante. 

Ho preferito darmi tempo per sperimentare una serie di tentativi, verificando ogni volta fin dove avrei potuto spingere una maggiore idratazione. Poi l’altro giorno sono arrivate cosi tante bolle sotto i polpastrelli da rendere più complicata la manipolazione e l’intreccio del pane, ma niente che una certa abitudine non possa combattere. Banalmente, questa è stata mia meta. 

Quando mia madre ha visto il risultato in foto, ovviamente e come spesso succede, non ha capito di cosa si trattasse: “Che dolcetti sono quelli che hai fotografato sul tavolo?” 

Forse perché non ci prendiamo mai troppo sul serio in famiglia e in effetti in quel momento l’argomento era un altro: ognuna di noi due infatti rivedeva una mamma nell’altra, come in una specie di proporzione matematica dello stare l’uno all’altro e viceversa. O più semplicemente come conviene, tra congiunti e/o ‘affetti stabili’ quando si uniscono le estremità lontane di due punti e si comincia a intrecciarle fino all’altro capo. E non c’è più punto di inizio né punto di fine, solo un circolo virtuoso molto simile a quello di un simit. 

pieghe

simit arrotolato

simit con mosto

simit al sesamo

portrait simit

simt a tavola

Ricetta dei simit con licoli 

Ingredienti per 8 simit:

  • 600 g di farina ( 300gr farina di farro e 300 farina bio 0)
  • 400 g d’acqua circa
  • 75 gr di licoli rinfrescato
  • 5 gr di sale fino + fior di sale da aggiungere alla fine 

Per la finitura:

  • 140 g di semi di sesamo
  • 40 g d’acqua
  • 60 g di riduzione di succo d’uva

Procedimento 

  • Rinfrescare la sera prima il licoli. 
  • Impastare acqua, farina e lievito rinfrescato nella planetaria o in una ciotola
  • Appena l’impasto risulterà incordato aggiungere sale e impastare nuovamente. 
  • Lasciar riposare 1h prima di procedere alle piegature
  • Dopo aver piegato per tre volte l’impasto riponete in frigo per tutta la notte (in caso contrario tre ore di lievitazione basteranno a procedere).
  • Dopo il riposo sezionare l’impasto in otto parti in parti uguali. 
  • Con l’aiuto della farina (non molta) ricavare da ogni pallina un unico fuso: unire le estremità di questo e arrotolare il tutto ottenendo un ‘cordone’ di impasto. Unire le estremità, facendo attenzione a non ‘strotolare’ l’effetto a ‘tortiglione’. 
  • Bagnare e/o immergere ogni simit ottenuto nel composto di mosto e acqua.
  • Subito dopo spolverata di semi di sesamo e fior di sale. 
  • Infornare a 240 °C forno statico per 10-12’ massimo.  

simit appena sfornati

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2 thoughts on “Ri-‘congiunti’

  • E’ sempre il viaggio, la cosa più importante, non la meta… è nel durante che si impara, ascoltando(si), sperimentando(si), dando(si) il giusto tempo, per capir(si)…. senza fretta… e la pratica, la costanza, crea quell’abitudine rituale di gesti che permette poi di essere pronti a correggere il tiro, qualora ce ne sia bisogno… come nella pratica delle asana di yoga…. ci vuole pratica, lentezza, costanza, ascolto per permettere al corpo di assumere la postura giusta che sia benefica e non arrechi danno… e, mentre ti studi, durante il tuo viaggio sul tappetino, impari …. ad essere più flessibile, più aperto, più forte, più energico, più stabile, più calmo e saldo…. impari…. sempre e solo durante il viaggio…..
    Porterei con grande orgoglio questi simit addosso, cara la mia Lauretta… ci impreziosirei il collo, li posizionerei sul capo, e, a ben vedere, renderebbero meravigliose anche le mie piccole e poco graziose mani da ruspatella… Hanno in se una forza quasi muscolare, una bellissima tensione nervosa che permette loro di unirsi senza sforzo alcuno…. sta lì la bellezza della (con)giunzione, nella presa stretta dei due capi….
    Oh, se si sta bene nel giurassico Laurè!….
    Me lo chiedo anch’io il ‘perché’ di cotanta fretta, che rischia di portare ad una certa… come dire.. omologazione di identità… Non ce l’ho una risposta in verità… (fatico a trovare il MIO di perché….), e, veramente, non mi preme nemmeno di trovarla, anche perché so che esistono persone come me, e so, dove posso andare per trovare un tempo simile al mio, come dire… un altro capo di (con)giunzione…
    Non ce lo aggiungiamo il ‘congiunto’ alimentare Laurè, perché questi simit si mangiano proprio da sè.
    Namaste. (oggi ti saluto così).
    Manù

    • Manù che bella tutta questa metafora del viaggio e della nostra inesauribile possibilità di allungamento tenace verso ciò che desideriamo senza metamorfosi alcuna, pur rimanendo sempre noi stessi… mi piacciono le cose fatte così che non implicano nessun tradimento di noi stessi e, quindi, neanche del prossimo.
      Si Manù viva il giurassico e anche la Luna, ti ricordi?Perchè è lì che restano impigliate le cose che tutti i frettolosi dimenticano nella corsa e io tra le cose dimenticate ci sto bene, basta che non mi vengono a rompere le scatole pure lì 😀
      A me la deriva del tuo saluto con un Namaste mi ha fatto sbellicare, sei un mito Manù!
      Ti abbraccio!

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