Non sono moltissime le avventure che può ricordare un personaggio non interessato al burro, soprattutto se ci riferisce ad un onnivoro. Ma un indizio fondamentale è che quel personaggio sono io.

Non sono moltissime le avventure che può ricordare un personaggio non interessato al burro, soprattutto se ci riferisce ad un onnivoro. Ma un indizio fondamentale è che quel personaggio sono io.
Forse l’errore è stato stabilire che in principio ci fossimo solo io e la melassa nello spazio finito della mia cucina, mentre l’idea era quella di sfornare soltanto dei bagels.
Noi le chiamiamo ‘cene franzose’, al posto di ‘cene francesi’, ma la verità è che sono le cene prenatalizie: quelle sul tagliere di tartine e terrine, da mangiare rigorosamente con le mani e a gambe incrociate sul tappeto. Possibilmente tete à tete.
Così davanti al bancone di salumi e formaggi mi capita ogni tanto di sentirmi una moglie devota e all’ultimo momento chiedo sempre: “Due etti di coppa… per mio marito”.
Con l’inaspettato arrivo di una settimana di pausa e di tempo libero, non ho avuto dubbi sul da farsi, sbrigato e risolto in due rapide mosse: riempire il frigo e chiudersi in casa.
Di quello che vivo in questo periodo, potrei dire ad esempio dei ricorrenti giorni di mele: di quelle mangiate a morsi, con la buccia e strofinate sulla manica del maglione, solo per lucidare al meglio lo schiocco del primo boccone.
Sull’origine di una marmellata di mele cotogne in casa Russo ci sarebbe molto da dire a partire dal giorno in cui abbiamo deciso di improvvisarci ‘esperti potatori da una vita’ e puntato tutta la nostra attenzione sull’unico albero rimasto improduttivo da anni: l’ex albero di mele cotogne.
Di chocolate banana bread è pieno il web: sfila su porcellane inglesi e penombre mistiche meglio di un cappone farcito nel giorno di Natale. “Forse il ‘discreto’ fascino della banana in posizione orizzontale sul cake?” – Mi sono chiesta io.
A volte nel rimpianto della totalità che non riesco ad essere, mi capita di assemblare un’insalata. “Almeno Lei, l’insalata, sarà felice di essere ‘tutto’ o, almeno, di tutto un po’” – Penso.
“Egó katalavéno hellinika” – ho detto a mio marito, appena arrivati al porto di Ancona. E cioè “io capisco il greco”. C’è euforia nell’aria, nella mia voce e nell’attesa di imbarcarci e sbarcare in Grecia. Insisto: “Katalavéno hellinika…” E “ligó ligó” – aggiungo ma solo per non sembrare superba: “… poco poco”. Ad ogni modo, mi sento […]
A proposito di cetrioli, tutto quello che avrei voluto scrivere sull’argomento non è mai stato scritto prima. Semplicemente è stato censurato.
Con un 64% di frumento di troppo e una ‘presunzione’ di sospetta intolleranza, più di due mesi fa sono stata messa in guardia. E poi a dieta.
‘Cicaleggiare’ è tutto quello che mi aspetto dall’estate: lo dichiaro a destra e a manca come un esorcismo per evitare qualunque tipo di intrusione avversa e contraria ai miei propositi di svago. Ecco.
Da quando una nutrizionista mi ha ‘offerto’ a caro prezzo come unico consiglio, l’eliminazione di gran parte degli zuccheri infiltrati nei miei alimenti preferiti, vago come un’anima in pena alla ricerca di ‘qualcosa’, che da giorni ho preso a chiamare “unnonsoché”.
Il sentimento di tragedia che si impossessa di due amanti al momento di un inevitabile congedo può essere straziante, anche grazie a tutta una retorica di parole, salvata a memoria negli anni, e che all’occorrenza può assicurare una gran bella figura. Ma a seconda dei casi. E a seconda delle parole.