La questione è diventata ‘filologica’ nel momento in cui, a proposito di mandorle, mia madre al telefono ha detto: “…rimuovere dal fuoco appena si inc(g)illippano”. E cioè?

La questione è diventata ‘filologica’ nel momento in cui, a proposito di mandorle, mia madre al telefono ha detto: “…rimuovere dal fuoco appena si inc(g)illippano”. E cioè?
“Vorrei leggere un libro sulle oche, per non sentirne la mancanza… delle oche” Ho detto a mio marito, quando mi ha convinta ad andare in Abruzzo. Così quando il corriere si è presentato al cancello di casa con un libro sull’argomento, siamo montati sul camper alla volta del Gran Sasso.
Non esistono varianti di una ricetta quando dosi e ingredienti sono sempre gli stessi, in questo caso esiste “la” ricetta e basta.
A Pescara, all’inizio di Via Leopoldo Muzi, prima delle rotaie c’era un forno che forse c’è ancora e io magari non lo so più. Comunque questo forno era una tappa obbligata prima di andare al mare: qui si prendevano un sacchetto di neole per la giornata, la pizza rossa per la seconda colazione e i […]
Una Pasqua è fatta così: come una pizza dolce lievitata, soprattutto se ci si trova in Abruzzo. E anche se quest’anno cause di forza maggiore mi impediscono di svalicare l’Appennino e sprofondare nell’abbraccio stretto della mia famiglia, gli ‘umori’ del mio mondo più intimo ci sono sempre.
Deve essere importante prima di tutto che ognuno a casa propria faccia ciò che vuole. E anche noi facciamo tutto ciò ci va di fare nei limiti del possibile, dacché le autorità competenti hanno fatto della libera uscita, un reato. Così della nostra reclusione facciamo vigile obbedienza e pur di non mettere il naso fuori, […]
Una famiglia tutta uguale nei volti, tutta uguale nelle inclinazioni è soprattutto una famiglia come la mia. Una specie di mania ci contraddistingue nella pratica di non alterare troppo il presente dal passato. Là dove possibile controlliamo il futuro: a tu per tu gli chiediamo di non cambiare troppo l’esistenza a cui ci siamo abituati.
Ci sono mille modi di cominciare una conversazione amichevole e fintamente disinteressata. Nel mio caso due parole in croce e una pausa di imbarazzo ci sono sempre: “Scusi, lei… (pausa)”
“Attenta alla ferrovia!” – mi dice mia madre. “Ma non c’è più la ferrovia…” Le rispondo io.
C’è gente là fuori, per strada, che di tante cose non sospetta cosa stia facendo proprio io dentro casa. Prima o poi questa gente arriverà a destinazione e se suonerà al mio campanello di domenica scoprirà che il pranzo è abruzzese.
Non sono moltissime le avventure che può ricordare un personaggio non interessato al burro, soprattutto se ci riferisce ad un onnivoro. Ma un indizio fondamentale è che quel personaggio sono io.
Noi le chiamiamo ‘cene franzose’, al posto di ‘cene francesi’, ma la verità è che sono le cene prenatalizie: quelle sul tagliere di tartine e terrine, da mangiare rigorosamente con le mani e a gambe incrociate sul tappeto. Possibilmente tete à tete.
La geografia può confermarlo: le pizzelle e io siamo abruzzesi. Un dato di fatto che fino ad oggi l’anagrafe ha sempre dimostrato. Ecco perché l’eccezionalità della questione rende l’argomento personale, unilaterale e squisitamente partigiano.
Così sulla A25 in viaggio di rientro dall’Abruzzo a Roma, lui si preoccupava dello smaltimento dei parrozzi, sfornati e moltiplicati per le apposite vacanze di Natale, e ignorava del tutto la presenza dei cinquanta involtini ‘di scamone’ in macchina con noi.
C’era un gradino a Casoli, proprio al centro del Corso principale. A sinistra, la Chiesa di Santa Reparata e a destra, il bar di Peppe Ciccione. Il ‘sacro’ da una parte, il ‘profano’ dall’altra e io avrei potuto scegliere da che parte andare, se non fosse che nel bel mezzo, proprio al centro del corso […]