“Mio nonno fava i mattoni…”

Pane al farro e grano saraceno

C’è stato un particolare momento questa estate in cui, a chi per caso o per cortesia mi chiedeva: “Come va?”

Io rispondevo: “Macino farine!”

Con dolcezza mio marito ha tentato di farmi prendere in considerazione la possibilità di rispondere come conviene “Semplicemente ‘bene’, va bene no?”

Forse perché si sa che il potere della sobrietà è sempre nella sintesi.

Ma il punto è un altro. Il punto è che io ho scoperto di stare “bene” soprattutto quando macino farine.

Ecco è stato un bel periodo quello lì. Esattamente credo di aver provato un piacevole delirio d’onnipotenza: perché macinare farine può dare alla testa, quando in cucina tutto comincia ad essere ‘fatto in casa’ anche l’ingrediente primordiale di tutte le ricette. La farina, ad esempio.

E proprio la farina avevo in testa il giorno in cui mio marito mi ha chiesto: “Quando te lo fai regalare un anello?” Si parlava del mio compleanno e come tutti gli anni ho tergiversato un po’ e poi risposto con una domanda: “E tu quando me lo regali un mulino?”

Così è andata che il corriere ha suonato alla porta, ignorando di essere atteso più di Babbo Natale, nel giorno in cui mi ha consegnato un mulino domestico. 

Credo sia casalinghitudine a oltranza, o forse crisi di mezza età, che batte dove il dente duole: altrimenti non so come spiegarmi questo bisogno di permutare preziosi in pentole ed elettrodomestici di ogni genere.

Così assorbita dai meccanismi di nuove imprese domestiche ho macinato farine senza soluzione di continuità, limitandomi a raccontare solo a chi mi era più prossimo cosa facevo di bello: a mia madre ovviamente, alla vicina di casa pour parler, e anche al corriere di là dal cancello. 

Ma non giurerei abbiano compreso il mio entusiasmo, nonostante la reazione di stupore li abbia accomunati tutti. 

Mentre io, felice per davvero e suggestionata dal racconto della mia amica Elvira sul profumo della farina appena macinata, ho messo in funzione il mulino nuovo di zecca e non mi sono fermata più. 

Dicono siano seguiti giorni di alta concentrazione passati solo ed esclusivamente in cucina, senza rimorsi di genere e con un solido ‘alibi professionale’, per chi ha tentato addirittura di distrarmi. 

Quel che so per certo è che della mia assenza ho trovato il modo di farmi perdonare come è necessario, quando tutti ti fanno notare che sei in difetto: e io infatti ho offerto libagioni a chiunque e a ciclo continuo in cambio di assoluzione. 

E’ bastato evitare di usare per un po’ la parola ‘dieta’, infatti, e tutti abbiamo continuato a vivere felici e contenti, ognuno per i piú disparati motivi. Perché godere ognuno del suo è  molto democratico, peccato sia anche in genere ‘a tempo determinato’. 

Il rientro alla dura vita di città infatti mi ha impedito di traslocare, marito a parte, tutti gli ‘a/effetti’ personali che popolano la cucina di campagna. E tra questi anche il mulino che ha macinato i miei giorni migliori. 

Di quei giorni lì c’è un ‘amarcord’ che ho aspettato a raccontare, fintanto che c’è stata la possibilità di vivere ancora dal vivo una vita ancora fresca e pulsante di ricette ‘macinate’ sul momento.  

farine home made

farine homemade

paneincocotte

Amarcord

“Mio nonno fava i mattoni, mio babbo fava i mattoni, fazzo i mattoni anche me’, ma la casa mia n’dv’è?”  

Recitava così la sua poesia Calcinazz nel film col nome più poetico di sempre. E quando anche io di tanti sradicamenti e traslochi in ogni dove, mi chiedo – “…ma la casa mia n’dv’è?” ora più che mai so che casa mia è esattamente dov’è che sto “bene”: ad esempio dove macino farine. 

E di quello stare bene lì, ho l’amarcord personale di un pane. 

Quel giorno, in particolare, ricordo benissimo che avrei potuto fare a meno di fabbricare targhette per distinguere la farina di grano saraceno da quella di farro. Perché una farina appena macinata non perde il profumo e i colori dei grani da cui proviene. Perché la farina appena macinata ha la qualità di distinguersi anche se i barattoli sono tutti uguali. 

Poi ricordo di aver preso in considerazione la dose giusta per una cottura in cocotte e cioè per quell’effetto di ‘forno al quadrato’ che permette al pane di sviluppare la classica crosta ‘da abile fornaio’: di quelle spesse su cui disegnare intarsi di ogni genere e croccanti sotto i denti. 

E ora in attesa che la ‘vita senza mulino’ si ricongiunga di tanto in tanto a quella ‘con mulino’, ecco la storia di sempre: niente di più, niente di meno.

pane in cocotte

IMG_campo dei fiori

pane farro e grano saraceno

Ricetta pane al farro e grano saraceno in cocotte 

Ingredienti:

  • 200 gr  farina 0
  • 125 gr  farina di farro
  • 125 gr  farina grano saraceno
  • 150 gr di licoli rinfrescato
  • 250 ml acqua
  • 5 gr di sale

Procedimento

  • Nella ciotola di una planetaria impastare le farine con il lievito e l’acqua. 
  • Non appena l’impasto risulterà amalgamato ma ancora appiccicoso aggiungere il sale. 
  • Impastare nuovamente ad una media velocità finché l’impasto non risulti ben incordato. 
  • A questo punto non rimuovere l’impasto dalla planetaria, sarà necessario  impastarlo nuovamente. Lasciatelo riposare in autosili per 1 ora circa. 
  • Prelevare l’impasto e procedere con le piegature. 
  • Infarinate quel tanto che è necessario a non far aderire l’impasto sul piano di lavoro (se in marmo non sarà necessaria molta farina).
  • Allungare l’impasto in un rettangolo e ripiegare a portafoglio prima nel senso della lunghezza e poi in quello della larghezza. Ripetere l’operazione dopo 10 minuti di riposo. 
  • Pirlare l’impasto facendo in modo di ricavare una palla perfettamente alta e sferica.  
  • Collocare il panetto in un cestino di lievitazione infarinato e lasciar riposare in un luogo asciutto e al riparo da correnti 2 ore max. 
  • Accendere il forno alla massima temperatura con dentro una cocotte con coperchio (nel mio caso si trattava di un formato ovale di 27 cm di lunghezza)
  • Rimuovere il pande dal cestino di lievitazione e procedere agli intagli preferiti con un’apposita lametta. 
  • Togliere dal forno la cocotte e portare la temperatura a 220 C°.
  • Collocare il pane in cocotte, incoperchiare e cuocere in forno i primi 30′.
  • Dopo trenta minuti, rimuovere il coperchio e continuare la cottura per altri 30′.
  • Dopo 30′ controllare la cottura e se il pane avrà raggiunto la doratura desiderata, sfornare.

cottura in cocotte

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13 thoughts on ““Mio nonno fava i mattoni…”

  • Entusiasmarsi per l’arrivo di un mulino è un privilegio da bambini. E nessuno più di loro ha capito come vivere! Per fortuna ho anch’io il mio “mulino”. Baci baci.
    P. S. Ma perché non riesco a trovare la tua ricetta dei biscotti al cioccolato e nocciole (o mandorle?) nel tuo blog? Che devo fare?

    • Chiaretta, si hai capito il grado di felicità. Io ho capito una cosa: voglio vivere così 😀
      Per i biscotti abbiamo risolto, fammi sapere come verranno!
      Un abbraccio!

  • Con me apri una porta già spalancata!! L’unica cosa che mi frena dall’acquisto del mulino è l’ingombro: dovrei traslocare dalla vicina…quanto è grande? Dimmi una cosa…il tuo pane è perfettamente rotondo quando lo hai formato e lo fai nella pentola ovale? Si allunga da solo nella pentola? Senza che tu debba formarlo come pane ovale? Io uso una Creuset tonda e ho il sospetto che sia per un pelo più piccola per i 500g di farina che faccio…invece di spendere 260 euro per una più grande potrei usare quella ovale come la tua senza scorticarmi ulteriormente…dimmi di sì

    • Ciao Marina, benvenuta!
      Allora eccomi pronta a tutta una serie di informazioni che spero ti saranno utili 😀
      Partiamo dal mulino. Nel mio caso non si tratta del mulino di legno a cui far posto in cucina e sempre pronto all’uso, ma di un accessorio pesante si, ma non ingombrante che monto e smonto direttamente sull’impastatrice (kitchenaid).
      Parliamo adesso del pane. Quello che hai visto sul mio profilo ig è lievitato in un cestino tondo e poi è stato cotto in una cocotte di ghisa tonda (diametro 20 cm). Mentre quello di cui parlo nel post qui sopra è lievitato in un cestino di lievitazione ovale per essere poi trasferito in una cocotte in ghisa ovale da 27 cm di lunghezza.
      Quindi la forma deve assumerla già in fase di lievitazione a seconda del cestino che usi, questo inevitabilmente condizionerà la scelta della cocotte da impiegare.
      E ora veniamo al mio consiglio 😀
      Se hai una cocotte da 20 cm anche tu, secondo me i 500 gr di farina che fai vanno benissimo: in questo caso magari monitora la cottura in pentola e rimuovi prima il coperchio in modo che permetta alla cupola del pane di venir sù senza essere schiacciata dal peso del coperchio.
      Se invece ne hai una ovale delle dimensioni della mia (27 cm) vai pure con quella ovale 😀
      Insomma in ambo i casi non avrai bisogno di affrontare l’acquisto di una nuova pentola!;-)
      Fammi sapere come andrà!

  • Grazie Laura per le risposte dettagliatissime!
    Infatti, mi meravigliava questa trasformazione del tondo in ovale…perciò volevo controllare visto che di panificazione te ne intendi mooooolto più di me! A me sembra che la mia tonda sia leggermente più piccola del dovuto perché quando faccio le incisioni e trasferisco la forma nella pentola, le incisioni quasi si racchiudono poi cresce, per carita, pero ho sensazione che un po’ più di “fiato” aiuterebbe. Comunque ti ringrazio per il suggerimento di scoperchiare prima per permettere alla cupola di salire…ci proverò la prossima volta e ti farò sapere! Grazie infinite
    P.s. Sarebbe carino prendere un caffè insieme visto che siamo a Roma tutte e due…magari con Katiuscia (forse l’aperitivo sarebbe ancora più carino )
    Buona serata,
    Marina

    • Forse allora posso darti un altro consiglio: allora da un po’ di tempo la forma dei pani è totalmente cambiata da quando faccio lievitare massimo 2 ore. Ora non ho idea di quanto tempo tu faccia lievitare l’impasto nel cestino, ma io prima lasciavo il pane in balia di se stesso dalle tre ore in poi e questo mi creava la difficoltà di infilarlo nella pentola.
      Ho capito invece che per poter lavorare sulle incisioni, il ‘panetto’ (chiamiamolo così) deve essere essere ancora sodo e non deve aver superato i bordi del cestino. Insomma deve quasi aver conservato la forma che aveva prima della lievitazione. Se anticipi i temi hai tutto il tempo di lavorare sulle incisioni e il pane mantiene i suoi bordi ‘stretti’ rispetto a quelli della cocotte.
      Ecco io ho capito questo che per una cottura in cocotte non servono lunghe lievitazioni, perché la vera lievitazione è quella che avviene in pentola nella prima parte della cottura con coperchio, grazie al vapore che si crea all’interno. 🙂
      Io spero di non aver scandalizzato i puristi con queste mie rivelazioni 😀 ma ti assicuro che il risultato è sempre un successo.
      Si sarebbe bellissimo conoscerci, Katiuscia mi dice che sei formidabile cuoca!;-)
      Fammi sapere!

      • I puristi li ignoriamo..della serie “vivi e lasci vivere” i tuoi pani sembrano davvero eccezionali!
        L’ultima lievitazione io non la lascio mai superare 1 ora e mezzo perché ho capito pure io che è sempre meglio accorciare leggermente ma non andare assolutamente mai oltre la lievitazione ottimale. Però a volte scappa perché ci sono sempre tantissimi fattori che influenzano la buona o cattiva riuscita. All’inizio pure io lasciavo questi poveri impasti in balia alle ore ma era inverno e ci voleva tanto per superarla…quando è arrivato il caldo non ci credevo che i tempi andassero tagliati drasticamente e mi sono ritrovata un paio di volte con il pane “seduto”
        Ci organizziamo con Katiuscia…lei mi vuole troppo bene e vede sempre il lato buono!
        A presto!

  • Okei! sono arrivata pur’io mo’ mo’..
    Io non ho un mulino, ma ho un ”robo”, ovvero un macina caffè e spezie elettrico che mio padre ha involontariamente sbagliato a regalarmi, ma dentro al quale io frullo tutto… anche il sorgo, il miglio e la frutta secca…. Quindi, Laurè capisco perfettamente quella magica e meravigliosa sensazione di diventare ”mugnaia per un giorno” (o forse più di uno), tanto da non dar retta a nessuno e catapultarsi in un mondo tutto polveroso…
    Poi, non credo proprio sia l’età la responsabile di questa inclinazione alla casalighitudine, né tantomeno al perpetuare la permutazione di preziosi in elettrodomestici e pentole… Io non ho un marito ( ed a me ”quando te lo fai regalare un anello” non me lo ha mai domandato nessuno), ma nella mia lista di Babbo Natale ci stanno stampi da cake e ciambelle o crostate, formine di biscotti e mattarelli decorati, termometri per marmelle e via dicendo.. Credo sia più un’alterazione genica…
    E quindi, così come mi piacerebbe esser con te quando qualche pianta delle tue ti ridesta alla maniera di Guglielmo Tell, altresì amerei esser la tua compagna di mulino e passarti chicchi di ogni genere e forma e osservare insieme che si compia la magia…
    Per quanto riguarda il pane, io non ho il licoli, né il cestino, né la cocotte (vedi quanto si allunga la lista del ”Babbo”?) dici che riesco a creare lo stesso questa meraviglia? …
    Se chiudi gli occhi Laurè tutto sarà avvolto da una nuvola di magica polvere profumata e farinosa…
    Manù

    • Manù secondo me con un ‘robo’ come il tuo tu puoi andare dove vuoi, senza rimpiangere alcun mulino 😀
      Io ho capito il tuo discorso sulla genetica, ma io ribatto che una crisi di mezza età nel mio caso si addice: perché vedi io sto diventando come quelle massaie ‘signora mia’ con la messa in piega da bigodino e al prossimo giro pure un giro di perle 😀 Insomma lo sento il rimbambimento topico di chi si risveglia solo se si parla di arrosti e torte di mele e di nient’altro perché di nient’altro ho voglia di parlare 😀 Succede anche a te?
      Comunque risolviamo un problema: il licoli.
      Ma un lievito madre ce l’hai? perché se si, basta trasformarlo 😉
      Poi per il cestino, usa pure quello con cui raccogli le ciliegie in estate, un cestino normale e profondo quel tanto che basta. Punto.
      Per la cocotte, ti dico che quella, fossi in te, la chiederei a Babbo Natale, perché se sei nella fase bigodino come me, può dare una grande soddisfazione!;)
      Manù che bello chiacchierare con te!
      Ti abbraccio!

      • Oh, santa Cleopatra!!!!
        sono precoce …. allora.. perché pure a me succede… io non faccio la messa in piega coi i bigodini
        (mia nonna se la faceva da sola marò e mi divertiva un sacco quando girava con tutti quei cosi verdi in testa, infilzati con gli ”stecchini” di tutti i colori e la retina), ma la crocchia sempre (quindi sto ad un passo da metterme la retina pure io, perché pure nella crocchia se mette) e … mi vesto sempre coi golfini aperti coi bottoni, sia di lana calda che di cotone (e uno, quello della laurea avvenuta ben 9 anni fa, aveva i bottoni di ”perle” … lasciamo stare quindi)… e si che ho voglia di parlare solo di arrosto, brasato, ”metto su il brodo” … vabbè…
        Veniamo al licoli: nun ce l’ho la bambina (lievito madre), ce l’avevo, e lo curata per un sacco di anni, poi son stata male e .. niente non è sopravvissuta. Panifico con il lievito madre essiccato , che lo so è diversissimo, ma per ora è così..
        Bene per il cestino! di quelli ne ho un sacco!!!!! Yea!
        Quindi devo aggiungere pure la cocotte, per il Babbo.. bene bene…
        Ah che bello si chiacchierare con te… e come anzianotta dormo pure poco… così per dire…
        Giovedì al mercato una signora prendeva dei pomodori da fare arrosto e dice ” dai, lì tendo lì che tanto si mantengono, poi quando ho voglia li faccio.. quando magari ‘en se dorm la nott’ ” …. Ecco.. la Leda, tale è il nome della signora avrà una ottantina d’anni circa … Fa mo’ te!
        Un abbraccione fortissimo
        Manù..
        ps: ieri ho fatto i tuoi biscotti allo sciroppo d’acero, quelli a forma di foglia… solo che io, non avendo la formine, mi son portata avanti coi tempi e li ho preparati ad alberello di Natale.. ehehe…
        un bacione..

  • Passo di qui solo per dirti che le foto sono MERAVIGLIOSE ed il tuo pane lo mangerei volentieri leggermente bruscato con un filo di olio extra vergine di oliva rigorosamente abbruzzese. Al momento, 20 chili in spedizione verso il Portogallo. Grazie mamma. Ed ovviamente un grazie pubblico anche a tuo marito! Ciao Laura ♥

    • Antonella benvenuta!!Che bello, avresti potuto scrivermi su ig e invece sei passata di qua e non sai che piacere!
      E poi tu hai ragione, questo pane dalla mollica così fitta e rustica si presta bene all’operazione da buongustaia che proponi 😀 Ma questo olio abruzzese???Che meraviglia: 20 kg, sai quante bruschette!!!:-D
      Ringrazierò il marito da parte tua, ma intanto un grande grazie a te! <3

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